Il tema dell’origine della Capoeira è ancora oggi oggetto di discussione sia all’interno del mondo accademico, sia all’interno di quello di questa antica arte. Il motivo principale dell’incertezza delle sue origini è la mancanza di fonti scritte, causata dal rogo degli archivi sulla schiavitù, ordinata dal ministro della finanza Rui Barbosa, nel 1889, dopo l’abolizione della schiavitù (1888).
Per parlare della schiavitù in Brasile e della nascita della Capoeira. Abbiamo scelto di riportare qua di seguito una parte di un racconto inedito di un membro dell’associazione Senzala di Ubà, città natale del Nostro Maestro Luis Claudio Pinto de Faria…
Chiudi gli occhi e immagina di imbarcarti insieme ai neri africani in una navio negreiro (nave usata dalla metà del 1500 sino alla fine del 1800 per trasportare schiavi dalle coste africane al Brasile), verso la schiavitù in un mondo sconosciuto. Immagina di essere seduto su una bianca spiaggia africana e che all’improvviso giungano navi, con uomini bianchi equipaggiati con armi esplosive, catene ecc. Inizia un panico generale, sangue e violenza brutale, iniziano subito per fare comprendere chi comanda. Uomini, donne, bambini vengono radunati come animali e scelti in base alle proprie caratteristiche fisiche.
Al termine di questo terribile viaggio da incubo, nelle navi negriere, remando giorno e notte, gli schiavi arrivano in una nuova terra, dove tutto è strano e diverso. Partiti come esseri umani, divengono in Brasile oggetti in vendita: comprati per la qualità dei denti e per le caratteristiche muscolari, gli schiavi al termine di una giornata di lavoro forzato, vengono condotti incatenati a dormire in un casolare chiamato Senzala (casa degli schiavi). Nelle Senzalas si trovano insieme per la prima volta popolazioni africane diverse, che parlano lingue differenti, con abiti, costumi, usanze e tradizioni diverse.
Il tempo passa e all’interno della cattività, nei rari momenti liberi, uno comincia ad osservare l’altro. I figli e i nipoti dei primi schiavi nascono e si formano in una realtà di culture eterogenee, accomunate dalla sofferenza e dalla persecuzione. Immagina che un giorno nasca un manifesto culturale, una lotta camuffata da danza, un gioco che sia una unione di colpi di mano, di gomito, di testa, di gambe, di ritmi e di movimenti: la Capoeira stava nascendo, un grido di libertà contro la schiavitù si stava alzando.
Gli schiavi-capoeiristi fuggono dalle Senzalas e si raggruppano in Quilombos: comunità di fuggiaschi, che si formavano all’interno della foresta e sulle zone di montagna. Il più famoso Quilombo fu quello conosciuto con il nome Palmares, governato dal leader ex-schiavo Zumbi (1655-1695).
Il 13 maggio del 1888 viene abolita la schiavitù ed inizia la marginalizzazione della popolazione nera, che se perde lo status di “schiava”, non perde gli stereotipi attribuita ad essa. Gli ex-schiavi, privi della possibilità di studiare, di trovare lavoro retribuito e soggetti a discriminazioni raziali, talvolta si raggruppano in piccole bande urbane chiamate maltas. Esse dedite ai furti, alla violenza mercenaria ecc., spesso erano costituite dai capoeristi.
Nel 1890 fu promulgata una legge che sosteneva che qualsiasi persona che fosse stata scoperta a giocare la Capoeira, sarebbe stato preso e deportato nell’isola carceraria di Fernando de Noronha, a svolgere lavori forzati.
Questo periodo buio della Capoeira terminò dopo circa cinquant’anni, quando nel 1937 Manoel dos Reis Machado (Mestre Bimba), fu invitato a fare una presentazione di fronte al presidente Getulìo Vargas, che incantato da questo gioco, eliminò la legge che vietava la pratica della Capoeira. Per la prima volta dopo più di trecento anni di repressione, la Capoeira cominciava ad uscire dalla condizione marginale in cui era stata relegata.